La prospettiva in Analisi Transazionale
Isolamento sociale e Covid-19 stanno generando solitudine e una sensazione angosciante con un aumento di rischio di suicidio.
Questa è la prima Pandemia causata da un Coronavirus. Le pandemie sono diverse dagli altri disastri in quanto la risposta ad esse richiede una pianificazione specializzata e interventi di mitigazione volti a prevenire la diffusione dell’infezione.
Ben più complessi da individuare e prevenire sono i sintomi psichici
legati alla pandemia, infatti molteplici evidenze scientifiche e ricerche indicano che la pandemia COVID-19 ha avuto ed ha tuttora, profondi effetti psicologici e sociali sulla popolazione.
La quarantena, l’allontanamento sociale e l’auto isolamento impattano negativamente sulla salute mentale poiché sia la solitudine che la riduzione delle interazioni sociali, sono causa di fattori di rischio per molti disturbi mentali come la schizofrenia e la depressione maggiore.
Congiuntamente a questo, l’incertezza sul futuro e le preoccupazioni su sé stessi ed i propri familiari aumentano il rischio disturbi ansiosi, panico, disturbi ossessivi-compulsivi, stress, disturbi
correlati al trauma nella popolazione adulta, sia negli uomini che nelle donne.
L’isolamento sociale, la solitudine è paragonabile ad una sensazione angosciante derivante da carenze percepite nelle proprie relazioni sociali e questo contribuisce fortemente al rischio di suicidio. Di seguito vedremo la tematica del suicidio, sotto la prospettiva dell’Analisi Transazionale.
Il suicidio nella prospettiva teorica dell’Analisi Transazionale
Sviluppata intorno agli anni ‘50 dallo psichiatra canadese Eric Berne (1910-1970), l’Analisi Transazionale “è una teoria della personalità e del rapporto sociale, e un metodo clinico di psicoterapia” (Berne, 1972, pag.30).
La metodologia transazionale affronta i diversi processi psicologici dal punto di vista intrapsichico e interpersonale.
Il cuore dell’AT (abbreviativo di Analisi Transazionale) è il modello degli Stati dell’Io, che sono oggetto dell’analisi
strutturale e vengono definiti da Berne (1972) come coerenti sistemi di pensiero, emozioni, sentimenti e comportamenti.
Ogni individuo presenta tre stati dell’Io:
- Genitore (che ripropone comportamenti, pensieri ed emozioni dei propri genitori o delle proprie figure di riferimento);
- Adulto (opera una lettura obiettiva della realtà);
- Bambino (indica comportamenti o esperienze di quando eravamo bambini e che riproponiamo in età adulta quando eravamo bambini).
Per una personalità sana ed equilibrata è necessaria la presenza e l’interazione di tutti e tre gli stati: l’Adulto consente di affrontare il qui e ora, il Genitore offre un ampio bagaglio di regole per muoversi nella società e il Bambino dà l’accesso alla parte più spontanea e creativa della persona.
Nei casi di patologia si possono manifestare invece due processi: contaminazione, in cui i confini degli stati dell’Io si sovrappongono e l’Adulto contaminato elabora la realtà sulla base dei contenuti del Genitore e/o del Bambino; esclusione, in cui uno stato dell’Io non è attivato e funzionano gli altri due stati restanti, oppure vengono esclusi due stati dell’Io e opera in maniera costante un solo sottosistema (Berne, 1966).
La patologia nell’Analisi Transazionale.
Contaminazione e/o esclusione sono i processi responsabili della patologia in cui il rischio di suicidio è molto elevato.
Nel corso della vita, a seconda delle esperienze e relazioni vissute, dei messaggi verbali e non verbali ricevuti, la persona acquisisce una posizione esistenziale, con cui esprime il valore essenziale che percepisce in sé stessa e negli altri.
Delle quattro posizioni esistenziali ipotizzate, Berne (1972) considera la più
proficua Io sono ok tu sei ok, dove ogni persona è riconosciuta per la sua essenza, valore e dignità.
L’individuo che commette il suicidio, come soluzione estrema di liberazione dal proprio dolore, assume una posizione esistenziale espressa nella forma: Io non sono ok, tu non sei ok.
Le convinzioni centrali di questa posizione ruotano attorno al sentimento di inutilità di sé stessi e degli altri, i quali non possono offrire un valido aiuto (Stewart, Joines, 1987). Le svalutazioni rivolte a sé stessi e agli altri allora giustificano la scena finale tragica prevista nel tornaconto di copione.
Il copione è “un piano di vita inconscio” (Berne, 1966 pag. 175), una storia
autobiografica che ogni bambino inizia a scrivere dalla nascita e completa all’età di 7 anni, ma che continua ad arricchire di dettagli con una revisione più aggiornata e aderente alla realtà in adolescenza.
Il bambino decide il suo copione di vita appellandosi alle capacità prelogiche che trovano fondamento nell’assetto emozionale. Queste decisioni rappresentano la migliore strategia che il bambino ha a disposizione per sopravvivere in un mondo che può apparire ostile e minaccioso. Pur avendo l’individuo un ruolo attivo sulle scelte decisionali, i genitori e l’ambiente esercitano una forte influenza trasmettendo dei messaggi verbali e non verbali, sulla base dei quali si giunge a conclusioni su sè stessi, gli altri e il mondo (Stewart, Joines, 1987).
L’ingiunzione centrale nel paziente suicida è ‘Non esistere’, un messaggio copionale che diviene parte dello stato dell’Io Bambino (Novellino, 1998). Solitamente la persona che presenta questa ingiunzione ha recepito in tenera età, a volte anche in modo erroneo, una minaccia di morte nei comportamenti genitoriali o in eventi esterni, per cui ha sviluppato la credenza di essere una persona senza valore e indegna d’amore.
La presenza di tale ingiunzione non determina in tutti i casi una scena finale di suicidio, la persona, infatti, può difendersi prendendo delle decisioni miste che evitino questo esito (ad es. posso continuare ad esistere fintanto che lavoro sodo).
Secondo i Goulding, il paziente suicidale in risposta all’ingiunzione ‘Non esistere’ può produrre sette possibili decisioni: “Se le cose dovessero andare troppo male, mi ucciderò”, “Se tu non cambi, mi uccido”, “Mi ucciderò e allora soffrirai”, “Ti porterò a uccidermi”, “Arriverò quasi a morire allora tu soffrirai”, (Novellino, 1998, p. 204).
Ognuna di queste decisioni presenta una serie di comportamenti, sentimenti e pensieri che riconducono ad un quadro patologico depressivo (ibidem) e porta avanti un copione perdente, che nei casi più tragici, come la morte, viene definito amartico (dal greco “amartia” che vuol dire “catastrofe”) (Berne, 1972).
Che cosa promuove l’Analisi Transazionale
La terapia in Analisi Transazionale promuove l’uscita da un copione perdente, stimolando la persona a soddisfare i bisogni dello stato dell’Io Bambino, che non sono stati esauditi nell’infanzia, con le risorse più adeguate dello stato dell’Io Adulto decontaminato. In AT decontaminare l’Adulto significa consentire a questo stato dell’Io di rivalutare le decisioni prese dal Bambino e ridimensionare il Genitore.
La metodologia offre degli strumenti per lavorare a livello di tutti e tre gli stati dell’Io, favorendo l’integrazione di questi.